Lectio divina su Mc 12,28-34
Invocare
O Dio, tu sei l’unico Signore e non c’è
altro Dio all’infuori di te; donaci la grazia dell’ascolto, perché i cuori, i
sensi e le menti si aprano alla sola parola che salva, il Vangelo del tuo
Figlio, nostro sommo ed eterno sacerdote. Egli è Dio, e vive e regna con te
nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Leggere
28Allora si avvicinò a lui uno degli scribi che li aveva
uditi discutere e, visto come aveva ben risposto a loro, gli domandò: «Qual è
il primo di tutti i comandamenti?». 29Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta,
Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore; 30amerai il
Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta la
tua mente e con tutta la tua forza. 31Il secondo è questo: Amerai il
tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro comandamento più grande di questi». 32Lo
scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che Egli è unico
e non vi è altri all’infuori di lui; 33amarlo con tutto il cuore,
con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se
stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici». 34Vedendo che
egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei lontano dal regno di
Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
Silenzio meditativo
ripetendo mentalmente il testo, cercando di ricordare quanto letto o ascoltato
Capire
Abbiamo lasciato la volta scorsa Gesù a
Gerico che andava verso Gerusalemme. Adesso saltando l’intero cap. 11 che
riguarda l’ingresso trionfale e le prime discussioni con i farisei e il 12,1-27.
Da tre giorni Gesù è a Gerusalemme. Ha
operato guarigioni e ora le autorità cercano di eliminarlo.
Il brano appartiene al cosiddetto
«libretto delle controversie di Gerusalemme» (Mc 11,27-12,34), ossia a quella
serie di confronti talora aspri che Gesù dovette sostenere nella Città Santa
verso la fine della sua vita.
Oggi Gesù affronta la quinta
controversia che ha con le autorità religiose. Prima c’è stata la parabola dei
vignaioli omicidi, poi la controversia con farisei ed erodiani sul tributo a
Cesare (vv. 13-17) e infine quella con i sadducei sulla risurrezione dei morti
(vv. 18-27).
Meditare
v.
28: Allora si avvicinò a lui uno degli scribi che li aveva uditi discutere e,
visto come aveva ben risposto a loro, gli domandò: «Qual è il primo di tutti i
comandamenti?».
Uno scriba che ha assistito fino adesso
alle controversie, interviene e gli fa una domanda sul comandamento più grande,
senza cattive intenzioni.
Nella narrazione degli evangelisti Matteo
e Luca, questi è qualificato come “dottore della legge” è ha una connotazione
chiaramente negativa; in Marco l’uomo rimane anonimo. In quest’uomo appare il
desiderio di conoscere e comprendere meglio l’insegnamento della Torah. Allora
si avvicina, lo ascolta e gli domanda. Un movimento pieno di verbi che
scaturiscono nei precetti del Signore.
I precetti del Signore contenuti nella
Torah erano 613, suddivisi in 365 negativi e 248 positivi. Vi era anche una
distinzione tra precetti facili e difficili, ma i rabbini raccomandavano di
osservarli tutti. Stabilire quale fosse il primo di tutti i comandamenti
significava trovare l’essenza di tutta la Legge.
Cosa chiede l’uomo? Non un elenco
cronologico dei precetti ma quale è il primo in assoluto o al di sopra di tutti.
Desidera sapere quel precetto che risponde a tutta la Legge. Cerca il criterio
ispiratore e unificatore per non cadere in un legalismo vuoto e che non da
senso all’esistenza.
vv.
29-30: Gesù rispose
La vita dell’uomo dipende dall’obbedienza
alla Parola di Dio (Dt 30,15ss) e Gesù risponde a partire da quanto è scritto
in Dt 6, 4-5 a Lv 19, 18 sottolineando l’unità tra l’amore verso Dio e verso il
prossimo.  
«Il
primo è: Ascolta, Israele! Il Signore nostro Dio è l’unico Signore
Nei vv. 29-30 abbiamo la prima
citazione. Anzitutto l’invito all’ascolto. Al tempo di Gesù, al mattino, a
mezzogiorno ed alla sera il pio ebreo recitava questa preghiera che è una
professione di fede: “Shemà Israel”.
La preghiera è composta da tre testi
biblici: Dt 6,4-9 (la fede nell’unico Dio e il precetto di amarlo);
Dt 11,13-21 (il principio della
retribuzione); Nm 15,37-41 (l’ordine di portare i fiocchi al mantello per
ricordarsi di osservare tutti i precetti del Signore). Questa preghiera era
anche contenuta nelle capsule dei filatteri, le scatolette che i giudei
appendevano alla braccia o alla fronte e che contenevano le parole essenziali
della Torah.
Essa dice che la preghiera è anzitutto
ascolto, ascolto di un Dio che è unico Signore e che Israele ha il dovere di
amarlo con totale dedizione, essendo stato da lui scelto fra tutti i popoli
della terra. Il richiamo all’ascolto si fa più necessario in quanto possiamo
amare Dio solo nella misura in cui lo ascoltiamo. Ora quest’amore non è rivolto
agli idoli ma all’unico Dio e Signore della nostra vita e della nostra storia.
amerai
il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore e con tutta la tua anima, con tutta
la tua mente e con tutta la tua forza.
Il testo del Deuteronomio parlava di
cuore, anima, forza. Marco aggiunge anche la mente (dianoia), cioè la forza
dell’intelletto, mentre il termine che Marco usa per forza (ischys), indica la
forza dell’anima. In questo versetto il comando è l’invito stesso di Dio ad
amarlo, quasi a mettersi in ginocchio, perché è innamorato.
Amare porta in seno altri verbi come:
lodare, riverire e servire. La lode non è una semplice preghiera fatta di
battiti di mani e tamburi, qui è vista come il contrario di invidiare in quanto
gioire per il bene dell’amato. Il riverire richiama al rispetto ma anche a
quella paura di perderlo. Servire è dare se stessi così come siamo.
Segue al centro del precetto “con tutto
il cuore” da cui scaturisce ogni azione. Che significa: in ogni cosa non
mettere Dio a secondo posto. Lui vale più della propria vita (“con tutta la tua
anima”) per questo la metto al suo servizio.
L’amore ama conoscere per amare (“con
tutta la tua mente”): l’intelligenza è l’occhio del cuore che penetra in
profondità. Questo lo faccio “con tutte le mie forze”, perché mi porta a Lui,
ad essere simile a Lui che è l’Amore.
v.
31: Il secondo è questo: Amerai il tuo prossimo come te stesso. Non c’è altro
comandamento più grande di questi».
Qui abbiamo la seconda citazione presa
da Lv 19,18: l’amore del prossimo. Questa seconda citazione non vuole indicare
nessuna alternativa e non si intende neanche un fatto aritmetico ma come
conseguenza al primo; è una questione teologica poiché «chi ama Dio, ami anche
il fratello» (1Gv 4,21).
Il precetto parla di amare e contiene
la sua similitudine, come sottolinea l’evangelista Matteo: “il secondo
[comandamento] è simile al primo” (Mt 22,39).
Qui abbiamo il fondamento della Legge:
la relazione tra l’uomo e Dio e con il prossimo. È nella relazione col prossimo
che l’uomo si avvicina a Dio, ed è nella relazione con Dio che trova il fondamento
del suo stare col prossimo.
Non si tratta di fare agli altri ciò
che si fa per sé, ma di andare verso gli altri con lo stesso amore che ognuno
ha verso se stesso, trovando la sua fonte d’amore in Dio. Paolo scrivendo ai
Romani dice che “pieno compimento della legge è l’amore” (Rm 13,10).
vv.
32-33: Lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità, che
Egli è unico e non vi è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore,
con tutta l’intelligenza e con tutta la forza e amare il prossimo come se
stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Un particolare che emerge subito è che
la prima volta lo scriba, rivolgendosi a Gesù non lo chiama maestro e questa
volta sì. Ciò vuole indicare come lo scriba è aperto alla novità dello Spirito
e all’insegnamento di Gesù con un particolare: come il ricco non ha capito che
il Signore unico da amare è davanti a lui.
Da come risponde si evince che approva
perché aveva compreso che il precetto «vale più di tutti gli olocausti e i
sacrifici». Il Signore vuole l’amore, non tanto verso sé ma verso gli altri.
Mentre i sacrifici sono rivolti al Signore.
Lo
scriba ha compreso quello che già il Signore aveva annunciato attraverso i  Profeti: Is 45,21-22; 1Sam 15,22 e Os 6,6,
dove si esalta la fedeltà e l’obbedienza al di sopra degli atti di culto.
v.
34: Vedendo che egli aveva risposto saggiamente, Gesù gli disse: «Non sei
lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.
È il primo scriba che Gesù loda
grandemente perché è saggio. Infatti ha compreso l’importanza per cui siamo
stati creati.
Da vero Maestro egli dichiara che lo
scriba non è lontano dal Regno di Dio. In questo caso il Regno è una realtà
presente: è Gesù stesso. L’uomo “non lontano dal regno di Dio” è colui che,
amando Dio con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le forze sa amare
il prossimo come se stesso. E il prossimo è colui al quale ci facciamo
prossimi, vicini, come Gesù ha affermato a commento della parabola del
samaritano (cfr. Lc 10,36-37).
Qualcosa però gli manca: la
conversione. Gesù ha detto: “Il regno di Dio è vicino, convertitevi e credete
al vangelo” (Mc 1,15). A questo particolare, l’Evangelista non aggiunge nulla,
lo lascia aperto alla nuova realtà. Egli si trova di fronte a un bivio: il
cuore e l’intelletto. Seguirà quest’ultimo perché è un esperto tecnico e
nient’altro. Il cammino per il Regno è molto distante, lungo, difficile.
Con queste parole Gesù chiede a ogni scriba di incarnare, come Gesù, l’armonia
plurale di queste due indicazioni di vita: “In Gesù Dio è diventato il mio
prossimo: il mio Dio ed il mio prossimo coincidono in Lui e allo stesso modo
l’amore per il mio Dio e l’amore per il mio prossimo sono inestricabilmente
legati fra loro” (A. Louf).
La conclusione del v. 34 porta questa
delusione e anche eventuali attacchi contro Gesù. Ora sarà Gesù stesso a
passare al contrattacco.
Ci
fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il
Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato
La Parola illumina la vita e la interpella
▪ Come mi accosto alla Parola di Dio:
con l’arroganza del “sapere già” o con umiltà?
▪ Vivo la Parola nella forma
intellettuale o la faccio entrare nella mia vita?
▪ Cosa significa per me amare Dio con
tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza?
▪ Quali difficoltà incontro nell’amare il
prossimo?
▪ Quale il comandamento da cui pendono
i vari comportamenti che assumo nella vita?
▪ In cosa consiste per me l’essenza del
cristianesimo?
Pregare Rispondi a Dio con le sue stesse parole
Ti amo, Signore, mia forza,
Signore, mia roccia,
mia fortezza, mio liberatore. 
Mio Dio, mia rupe, in cui mi rifugio;
mio scudo, mia potente salvezza e mio
baluardo.
Invoco il Signore, degno di lode,
e sarò salvato dai miei nemici.
Viva il Signore e benedetta la mia
roccia,
sia esaltato il Dio della mia salvezza.
Egli concede al suo re grandi vittorie,
si mostra fedele al suo consacrato.
(Sal 17).
Contemplare-agire  L’incontro
con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità…
L’amore concreto e quotidiano per i
fratelli e le sorelle è il segno da cui si riconoscono i discepoli di Gesù
Cristo, i cristiani, come ha indicato una volta per tutte Gesù stesso: “Da
questo tutti sapranno che siete miei discepoli, se avrete amore gli uni per gli
altri” (Gv 13,35).

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