Lectio divina su Mc 9,38-43.45.47-48

Invocare
O Dio, tu non privasti mai il tuo
popolo della voce dei profeti; effondi il tuo Spirito sul nuovo Israele, perché
ogni uomo sia ricco del tuo dono, e a tutti i popoli della terra siano
annunziate le meraviglie del tuo amore. Per Cristo nostro Signore. Amen.
Leggere
38Giovanni gli disse: «Maestro, abbiamo visto uno che
scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva».
39Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che
faccia un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: 40chi
non è contro di noi è per noi.
41Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua
nel mio nome perché siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua
ricompensa.
42Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che
credono in me, è molto meglio per lui che gli venga messa al collo una macina
da mulino e sia gettato nel mare. 43Se la tua mano ti è motivo di
scandalo, tagliala: è meglio per te entrare nella vita con una mano sola,
anziché con le due mani andare nella Geènna, nel fuoco inestinguibile.
45E se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è
meglio per te entrare nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi
essere gettato nella Geènna.
47E se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo
via: è meglio per te entrare nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con
due occhi essere gettato nella Geènna, 48dove il loro verme non
muore e il fuoco non si estingue.
Silenzio meditativo
ripetendo mentalmente il testo, cercando di ricordare quanto letto o ascoltato
Capire
Siamo in cammino verso Gerusalemme.
Continuando il percorso evangelico, questa domenica troviamo un brano denominato
“piccolo catechismo della comunità” che fà parte del resoconto di
tradizioni orali, di predicazioni. Infatti, in esso abbiamo una raccolta di
insegnamenti di Gesù di diversa natura sulla vita comunitaria legati da alcune
espressioni ricorrenti: “nel tuo/mio nome”, “scandalizzare”, “fuoco e sale”.
Continuano le tensioni tra Gesù e i
discepoli e nell’insieme sembra raccogliere un aspetto particolare della nostra
vita: imprigionare nel nostro io l’azione dello Spirito, che soffia sempre dove
e come vuole.
L’invito è chiaro: vigilare sulle
nostre azioni per capire se provengono da Dio.
Meditare
v.
38: Giovanni gli disse: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava demòni nel
tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva».
Un’azione del tutto normale da parte di
taumaturghi che invocano il nome di qualcuno (quello più invocato era quello del
re Salomone) che fosse ritenuto abbastanza potente da compiere il miracolo.
Ma anche i discepoli di Gesù, un
giorno, faranno la stessa cosa: come è narrato negli Atti degli Apostoli, compiranno
miracoli nel suo nome.  
Il gruppo dei discepoli si sente un
ceto privilegiato del Vangelo, come chi ha l’esclusiva in campo, e fino al
primo periodo della Chiesa fu così, ma non è questo il principio.
Sì, abbiamo bisogno di connotarci, di
distinguerci, farci riconoscere, orgogliosi di appartenere a Cristo ma senza
distinzioni senza ripetere ancora oggi: “io sono di Paolo, io invece sono di
Apollo, io invece di Cefa, e io di Cristo” (1Cor 1,12). Le patologie ecclesiali
che ci avvelenano e che avvelenano tutta la Chiesa non sono ben accolte da
Gesù. Nessuno può arrogarsi di essere perfetto o di vivere in un gruppo
perfetto. Non fa parte del comportamento di Gesù!
Giovanni già soprannominato insieme al
fratello Giacomo da Gesù “Boanerghes”, figli del tuono (cfr. Mc 3,17); è un
attacca brighe, che vuole avvelenare. Giovanni insieme al fratello Giacomo sono
coloro che pretendono di sedere uno a destra e l’altro a sinistra di Gesù (cfr.
Mc 10,37).
vv.
39-40: Ma Gesù disse: «Non glielo impedite, perché non c’è nessuno che faccia
un miracolo nel mio nome e subito possa parlare male di me: chi non è contro di
noi è per noi.
Qui abbiamo l’indicazione pratica, il
principio: avere una mentalità ecumenica, aperta. Per questo Gesù ridimensiona le
pretese. Compiere i miracoli nel nome di Gesù è già aver riconosciuto la sua
autorità, è già essere stati visitati dallo Spirito Santo. San Paolo dirà: “Nessuno
può dire Gesù è il Signore se non sotto l’azione dello Spirito Santo” (1Cor
12,3).
Chi compie miracoli nel suo Nome, non
può profanare questo medesimo Nome. E così, chi non si pone contro i discepoli,
lavora comunque a loro favore, per il medesimo Regno dei cieli. Gesù invita i
suoi a non rinchiudersi in una mentalità chiusa e settaria. Un gruppo cristiano
non deve ostacolare l’attività missionaria di altri gruppi. Non ci sono
cristiani più «grandi» degli altri, ma si è «grandi» nell’essere e diventare
cristiani. Purtroppo viviamo ancor oggi la malattia dell’esclusivismo. San
Paolo ci ricorda: “Tutto è vostro, ma voi siete di Cristo e Cristo è di Dio”
(1Cor 3,22-23). In queste parole stanno il nulla di Cristo che ogni cristiano
deve assumere per essere sale diversamente saremo solo buoni ad essere gettati
e calpestati (cfr. Mt 5,13).
v.
41: Chiunque infatti vi darà da bere un bicchiere d’acqua nel mio nome perché
siete di Cristo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa.
Gesù dunque suggerisce un atteggiamento
accogliente verso tutti coloro che non si presentino apertamente come nemici. Tutti
lavorano per il regno di Dio anche chi presta soccorso ai discepoli di Gesù. Chi
accoglierà nel nome di Gesù riceverà la sua ricompensa. Il termine ricompensa è
l’equivalente del salario di cui si parla nella parabola degli operai chiamati
alle diverse ore del giorno (Mt 20,1-16). La vera ricompensa è la vita eterna.
Anche in questo versetto ritorna il
nome di Gesù. L’evangelista sembra ricordarci che la cosa fondamentale è
riconoscere il nome di Gesù, la sua autorità, l’entrare in comunione con Lui.
v.42:
Chi scandalizzerà uno solo di questi piccoli che credono in me, è molto meglio
per lui che gli venga messa al collo una macina da mulino e sia gettato nel
mare.
Procede l’insegnamento divino, sul
medesimo argomento, la catechesi sullo “scandalo dei piccoli”. Nei
loro confronti i discepoli devono stare bene attenti a non scandalizzarli. Questa
grave violenza spirituale contro i poveri e gli umili che credono nel Signore è
punita con severità (cfr. Zc 13,7).
Lo scandalo nelle Scritture ha un
significato specifico: significa laccio,
ostacolo, inciampo, causa di caduta. Lo scandalo è ciò che
provoca la caduta, in particolare la caduta della fede e la morte in se stessi.
Nel linguaggio di Gesù indica qualcosa
che porta al peccato ed alla Geenna. Scandalo significa “ostacolo che sbarra
l’accesso” e, nel linguaggio di Gesù, indica tutto ciò che ostacola la venuta
alla fede e l’entrata nel Regno di Dio.
Per chi scandalizza il più piccolo (mikroí), cioè tutti quelli che rispetto
al discepolo sono meno muniti, più esposti e deboli, il giudizio di Gesù è
tremendo. Il paragone è preso da un’usanza romana (oggi è in uso dalla malavita):
una pietra pesantissima al collo e fatti annegare nel mare. Per i Giudei era
una esecuzione infamante perché non si poteva dare sepoltura al cadavere e se
non era sepolto, dicevano i rabbini, al momento della risurrezione non potevano
entrare nella vita eterna.
vv.
43.45.47: Se la tua mano ti è motivo di scandalo, tagliala: è meglio per te
entrare nella vita con una mano sola, anziché con le due mani andare nella
Geènna, nel fuoco inestinguibile.
E
se il tuo piede ti è motivo di scandalo, taglialo: è meglio per te entrare
nella vita con un piede solo, anziché con i due piedi essere gettato nella
Geènna.
E
se il tuo occhio ti è motivo di scandalo, gettalo via: è meglio per te entrare
nel regno di Dio con un occhio solo, anziché con due occhi essere gettato nella
Geènna.
Qui abbiamo tre versetti non
continuativi che continuano il discorso sul cattivo servizio, sullo scandalo
che viene da dentro il cuore dell’uomo. Per descrivere le nostre azioni, Gesù
usa gli organi del corpo umano per indicare che il vero scandalo nasce dalle
nostre azioni, dai nostri desideri (cfr. Sir 6,17-18; 27,22).
La mano che indica l’azione, l’opera
disonesta, violenta; il dito puntato, arrogante; il piede che indica la
direzione, le scelte, gli orientamenti della vita che vanno corretti; l’occhio che
indica la bramosia del piacere, dell’avere, etc.: questi organi sono anche
l’immagine implicita del corpo sociale, della comunità. Immagine ampiamente
utilizzata da Paolo per la sua teologia della Chiesa, corpo del Cristo (1Cor
12,12-30). Ciò che chiede Gesù a saper decidere per la vita, a preservare il
bene e a buttar via tutto ciò che sa di morte.
essere
gettato nella Geènna
La Geenna è una valle a sud-est di
Gerusalemme, dove ai tempi di Cristo si bruciavano i rifiuti, oggi diremmo un inceneritore.
In questo luogo in antichità si
praticavano dei sacrifici umani offerti al dio pagano Molok. Contro queste
pratiche abominevoli era insorto i profeti Geremia ed Isaia. Già nella letteratura
apocalittica del sec. II a.C. questa valle è presentata come luogo della finale
resa dei conti degli idolatri e degli apostati. Facile era, quindi, considerare
quel luogo impuro (sia materialmente sia religiosamente) come la sede della
condanna degli empi, l’inferno dalle fiamme inestinguibili.
Gesù usando quest’immagine non condanna
ma avverte, ammonisce perché la Geenna è la separazione dall’amore, dalla vita.
v.
48: dove il loro verme non muore e il fuoco non si estingue.
Questa affermazione chiude il libro di
Isaia (66,24), che contiene una profezia per l’avvenire. Isaia prevede nuovi
cieli e nuova terra, in cui tutti i popoli aderiranno al Signore, saliranno al
tempio del Signore (a Gerusalemme) e lo adoreranno. Uscendo dal tempio vedranno
coloro che si sono ribellati a Dio soffrire il supplizio continuo del verme e
del fuoco.
Il riferimento al verme riguarda quelle
larve che si sviluppano negli alimenti o nei vegetali, ma anche nei corpi
malati creando infezioni, come confessa Giobbe: «Purulenta di vermi e di croste
squamose è la mia carne» (7,5). Oppure come accadde al re Erode Agrippa,
persecutore dei primi cristiani, che similmente al nonno Erode il Grande, morì
«divorato dai vermi» (At 12,23).
Il simbolo è, dunque, evidente: la vita
del malvagio è analoga a un fuoco inestinguibile e a un verme che non lascia
scampo alla carne e va in putrefazione.
La liturgia domenicale non riporta gli
ultimi versetti (49-50) di questo capitolo 9 dove il cristiano è chiamato a
buttare la propria vita nel fuoco dello Spirito Santo che dà il sale che è la
sapienza che viene dall’Alto ed è ciò che ci permetterà di vivere in pace con
tutti.
Ci
fermiamo in silenzio per accogliere la Parola nella vita. Lasciamo che anche il
Silenzio sia dono perché l’incontro con la Parola sia largamente ricompensato
La Parola illumina la vita e la interpella
▪ Qual è il mio atteggiamento verso
coloro che, pur non essendomi ostili, non fanno parte della mia ristretta
cerchia di amici?
▪ Godo dei doni che vedo attorno a me?
Li favorisco? Oppure sono geloso, pensando di essere uno dei pochi eletti a cui
Dio ha scelto di manifestarsi?
▪ Come vivo la piccolezza cristiana?
▪ Quali sono le situazioni che possono
provocare il mio allontanamento dalla fede? Come agisco nei loro confronti?
Pregare Rispondi a Dio con le sue stesse parole
La legge del Signore è perfetta,
rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è stabile,
rende saggio il semplice.
Il timore del Signore è puro,
rimane per sempre;
i giudizi del Signore sono fedeli,
sono tutti giusti.        
Anche il tuo servo ne è illuminato,
per chi li osserva è grande il
profitto.
Le inavvertenze, chi le discerne?
Assolvimi dai peccati nascosti.
Anche dall’orgoglio salva il tuo servo
perché su di me non abbia potere;
allora sarò irreprensibile,
sarò puro da grave peccato. (Sal 18).
Contemplare-agire  L’incontro
con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità…
Siamo invitati ad avere un cuore libero
come quello dei bambini, per vedere, intorno a noi, i tanti segni della
presenza di Dio nelle persone che, intorno a noi, pur non dicendosi credenti,
sanno rendere gloria al Signore nella giustizia e nella verità (Paolo Curtaz).

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