Lectio divina su Mc 11,1-10




Invocare
O Dio onnipotente ed eterno, che hai dato come modello agli uomini il Cristo
tuo Figlio, nostro Salvatore, fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce,
fa’ che abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua passione, per
partecipare alla gloria della risurrezione.
Egli è Dio, e vive e regna con te
nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Leggere
1Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso
il monte degli Ulivi, mandò due dei suoi discepoli 2e disse loro:
«Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un
puledro legato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. 3E
se qualcuno vi dirà: «Perché fate questo?», rispondete: «Il Signore ne ha
bisogno, ma lo rimanderà qui subito»». 4Andarono e trovarono un
puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo slegarono. 5Alcuni
dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo puledro?». 6Ed
essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li lasciarono fare. 7Portarono
il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. 8Molti
stendevano i propri mantelli sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate
nei campi. 9Quelli che precedevano e quelli che seguivano,
gridavano: «Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! 10Benedetto
il Regno che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!».

Silenzio meditativo ripetendo
mentalmente il testo, cercando di ricordare quanto letto o ascoltato

Capire
Con la Domenica delle Palme entriamo
nella settimana di Passione. Quest’anno, ciclo B, a Mc 14,1-15,47, si affianca
il testo dell’ingresso di Gesù nella città santa, Gerusalemme, che nell’evangelista
Marco ha un carattere molto particolare, introducendo la sezione dei capitoli
11-13 che narrano l’ultima settimana di vita di Gesù ed il racconto della sua
passione e morte (cc. 14-15).
Il forte significato messianico di
questa pagina è sottolineato anche dal ricco sfondo vetero testamentario e
descrive un’azione simbolica o profetica che si connota per tre aspetti: quello
del bisogno, della novità e della promessa.
La scena sembra costruita sulla base
di un testo di Zaccaria: “Gioisci, figlia di Gerusalemme! Ecco, a te viene il
tuo re: è giusto e vittorioso, è umile e cavalca un asinello; toglierà i carri
da guerra e annuncerà la pace alle genti!” (Zc 9,9). Gesù non intende essere un
liberatore politico, cha avanza con un cavallo o un carro da guerra, ma usa la
cavalcatura dei sovrani dell’antichità (cfr. Gn 49,11) ed entra in Gerusalemme
come principe della pace.
Con l’ingresso di Gesù a Gerusalemme
Marco dà inizio alla quinta parte principale del suo Vangelo (11,1-12-44) nella
quale descrive il soggiorno di Gesù a Gerusalemme e i conflitti con i capi dei
sacerdoti, gli scribi e gli anziani (11,18.27), farisei ed erodiani (12,13),
sadducei (12,18), categorie che troviamo schierate contro Gesù nel processo
(14,1.10.53ss) ma che Marco aveva presentato agguerrite contro Gesù fin
dall’inizio del suo vangelo, al punto che dopo la guarigione della mano
inaridita – siamo solo al capitolo terzo – “I farisei uscirono subito con gli
erodiani e tennero consiglio contro di lui per farlo morire” (3,6).
Dal cap. 11 l’evangelista Marco
scrive una settimana decisiva: l’ultima della vita terrena di Gesù, scandita
con precisione sempre più insistente, in giorni ed ore (cfr. 11,12.20; 14,1.12;
15,1.25.33.34) che narra l’evento centrale del suo vangelo: la morte di Gesù
sulla croce (15,34-37).
Il brano si apre con alcune
indicazioni ai discepoli e nello stesso modo si concluderà la sezione (cfr.
13,5-37) con discorso escatologico. 

Meditare
v. 1: Quando furono vicini a Gerusalemme, verso Bètfage e Betània, presso
il monte degli Ulivi, mandò due dei suoi discepoli
Ci si avvicina a Gerusalemme, la
città santa. Per Gesù termina il pellegrinaggio. Aveva da poco detto: “Ecco,
noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato” (10,33). Ora l’evangelista
mette in evidenza i luoghi in cui si svolgerà l’azione per concludersi a Gerusalemme.
Il primo è Betfage che significa
“casa dei fichi”. Ma Gesù troverà solo le foglie e resterà affamato. In questo
luogo il pellegrino si purificava prima di entrare nella città santa.
Anche Gesù fa la stessa e in
particolare per noi: ci purifica da ogni nostra falsa attesa su di lui, su Dio.
Il secondo luogo è Betania, che
significa casa del povero. Qui Gesù troverà ancora una volta la sua dimora. È
il luogo dove inizierà a spandersi il profumo (14,3ss). Ma sarà il luogo della
“stanza superiore” dove Gesù effonderà il suo stesso profumo (14,12ss).
Il monte degli ulivi è il terzo
luogo. È collocato ad oriente della città, da lì si attendeva il messia. Da
questo luogo Ezechiele ebbe la visione del ritorno della gloria che da lì era
fuggita: “la gloria del Dio d’Israele giungeva dalla via orientale…” (Ez
43,1-2). Su questo monte si compirà la Scrittura: “il Figlio dell’uomo viene
consegnato nelle mani dei peccatori” (14,41), e da lì tornerà presso il Padre:
“detto questo, mentre lo guardavano, fu elevato in alto e una nube lo sottrasse
ai loro occhi…Allora ritornarono a Gerusalemme dal monte detto degli Ulivi”
(At 1,9.12).
Marco oltre ai luoghi sottolinea
l’aspetto dell’invio dei due discepoli. Già al cap 6 aveva inviato a due a due
i suoi discepoli dando potere sugli spiriti impuri (6,7). Qui c’è un richiamo
al Battista che invia due dei suoi discepoli, un richiamo a preparare la via
del Signore.
v. 2: e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito,
entrando in esso, troverete un puledro legato, sul quale nessuno è ancora
salito.
Gesù ricorda ai due discepoli una
profezia. Il termine “puledro” può indicare sia un giovane cavallo che, come
nel nostro testo, proprio un asinello. Nel passo originale di Zaccaria troviamo
l’espressione “un nuovo puledro”, per esprimere forse oltre alla giovane età
dell’animale il fatto che non vi era salito ancora nessuno.
In Zc 9,9 il puledro contrappone
l’asinello al cavallo e al carro. Il primo è un animale umile che serve. Il
cavallo e il carro è di chi vuol farsi servire dagli altri.
L’animale è legato. Ciò è indice
della presenza del peccato o del peccato sparso ovunque che lega per
l’incapacità di servire, di amare.
Proprio per questa incapacità nessuno
è riuscito a cavalcare fino ad esso un messianismo umile e nessuno lo desidera
perché tutti, compreso Pietro, sognano e desiderano un messia forte,
combattente, potente e sopra un cavallo o un carro (cfr. Mc 8,31-32).
Slegatelo e portatelo qui.
All’incapacità di servire si oppone
con uno sciogliere per divenire servitori. Lo slegare diventerà per ogni
discepolo la capacità di servire secondo il nuovo mandato: “amatevi gli uni gli
altri, come io vi ho amati” (Gv 13,34).
Su questo nuovo amore va Gesù. Gesù
cavalcando un asinello si mostra come colui che realizza diverse profezie
legate al re Messia (Zc 9,9;14,4-5; Gn 49,9.11), mentre i vv. 7-8 si
riallacciano ad episodi AT di intronizzazione (1Re 1,30-40; 2Re 9,13) e la
capacità di servire, di amare.
vv. 3-4: E se qualcuno vi dirà: «Perché fate questo?», rispondete: «Il
Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito»».
Il Signore ha bisogno di questo
animale. Magari ai discepoli del tempo è sfuggito il perché e continua a
sfuggire. L’unica spiegazione è una fede riposta nella Parola, in Gesù Parola
eterna del Padre.
L’animale è lo strumento necessario
di cui il Signore abbia bisogno per mostrarsi tale. Oggi per mostrarsi tale,
Gesù ha bisogno di ciascuno di noi per essere inviati o rimandati come per il
puledro o i due discepoli del v. 1.
Andarono e trovarono un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla
strada, e lo slegarono.
I discepoli ovunque andranno
troveranno sempre un puledro da sciogliere e riportare a Gesù. Alla
risurrezione Gesù, donando lo Spirito Santo dirà: “a chi rimetterete i peccati, sono loro rimessi; a li riterrete, sono
ritenuti”
(Gv 20,23).
vv. 5-6: Alcuni dei presenti dissero loro: «Perché slegate questo
puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù.
Quando non c’è capacità di ascolto,
una domanda può sempre racchiudere incomprensione e perplessità. All’incapacità
di ascolto segue l’incapacità di amare, di servire. Si parla secondo il proprio
orgoglio.
I discepoli hanno appreso cosa
significa ascoltare. Hanno trovato senso alla Parola di Gesù e obbediscono.
E li lasciarono fare.
È facile vedere altri fare gli
schiavi, anzi ne godiamo ritenendoli stupidi. Succede ancora ai nostri giorni.
Però, “ciò che è stoltezza di Dio è più sapiente degli uomini, e ciò che è
debolezza di Dio è più forte degli uomini.” (1Cor 1,25).
vv. 7-8: Portarono il puledro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli
ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli sulla strada, altri
invece delle fronde, tagliate nei campi.
Il puledro è con Gesù. L’attenzione
adesso si sposta sui discepoli e sui presenti che gettano i mantelli sul
puledro e ai suoi piedi (cfr.1Re 1,30-40; 2Re 9,13).
Il gettare il mantello sull’animale è
il gettare la propria vita su chi ne è Signore. È un investire quanto si
possiede gettandolo sul puledro, su Gesù.
Su questo Gesù siede. Egli è il Re
che cammino su un tappeto di sicurezze via ma segnate dall’umiltà.
Il v. 8 riprende il segno delle
fronde tagliate in contrapposizione con l’albero sterile. Le fronde recise è il
segno del nuovo frutto e di una nuova benedizione di Dio (Sal 67,7) e insieme
al Salmista si rallegrano di essere tali (cfr. Sal 96,12-13).
vv. 9-10: Quelli che precedevano e quelli che seguivano, gridavano
Il v. 9 inizia con una spartizione:
quelli che seguono che saranno coloro che fuggiranno (14,50) e quelli che
precedono che saranno gli stessi che grideranno due volte “crocifiggilo”
(15,13-14).
Due versetti particolare che
descrivono la difficoltà della sequela di Gesù e a cosa può condurre. Il grido
dell’osanna è un’acclamazione di questa doppia fazione è un’acclamazione di
gioia e contiene in esso la salvezza. Una salvezza delusa però, in quanto
arriva sopra un puledro e non trionfante con carro e cavallo. Una salvezza che
non riconosceranno al momento giusto. Qualcuno continuerà a gridare, altri ad
imprecare e a tradire.
«Osanna! Benedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno
che viene, del nostro padre Davide! Osanna nel più alto dei cieli!».
La citazione del salmo 118,25-26 era
diventato un saluto abituale rivolto ai pellegrini giunti a Gerusalemme. Qui
Gesù è benedetto perché viene non solo nel nome del Signore ma anche in umiltà
portando ogni benedizione.
Chi arriva sotto altre sembianze
porta solo distruzione e maledizione perché viene solo nel proprio nome.
Questo Regno che viene inizia sopra
un puledro e tra sei giorni sul trono della croce, dove vi sarà scritto, in più
lingue, il suo titolo regale (15,26) e sarà proclamata la sua divinità (15,39).
A questo versetto vi è l’aggiunta del
nostro padre Davide che sta ad indicare e a confermare che Gesù è il messia
tanto atteso di Israele, il re promesso come successore a David (2Sam 7,11-13).
Qui termina il brano liturgico. Il
brano va letto insieme al v. 11 che risulta importante nella dinamica della
sezione dei capitoli 11-13, dove leggiamo: “Ed entrò a Gerusalemme, nel tempio.
E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i
Dodici verso Betània”.
Sarà infatti il tempio lo scenario
delle cinque dispute di Gesù prima della sua condanna a morte dove vedremo un
Gesù Messia sofferente, che porta su di sé il peccato del mondo e che in
obbedienza al volere salvifico di Dio Padre, si umilia sino alla morte di
croce. La notte, però, scende su tutti, perché ognuno possa accogliere il nuovo
giorno che non avrà fine.

La Parola illumina la vita e la interpella
Cerco di vivere l’amore quando vado
incontro al mio prossimo? O sono incline al giudizio che ferisce, alla critica
che offende, al pettegolezzo che rovina? Oppure tra “quelli che precedevano e
quelli che seguivano”?
Vivo sotto la Signoria di Cristo
Gesù? O continuo a vivere nell’orgoglio pensando che il servire è da stupidi?
Sono pronto ad accogliere la sua
parola con la prontezza dei discepoli che hanno eseguito in tutto e per tutto i
suoi comandi?

Pregare Rispondi a Dio con le sue stesse parole
Si fanno beffe di me quelli che mi
vedono,
storcono le labbra, scuotono il capo:
«Si rivolga al Signore; lui lo
liberi,
lo porti in salvo, se davvero lo
ama!».
Un branco di cani mi circonda,
mi accerchia una banda di malfattori;
hanno scavato le mie mani e i miei
piedi.
Posso contare tutte le mie ossa.
Si dividono le mie vesti,
sulla mia tunica gettano la sorte.
Ma tu, Signore, non stare lontano,
mia forza, vieni presto in mio aiuto.
Annuncerò il tuo nome ai miei
fratelli,
ti loderò in mezzo all’assemblea.
Lodate il Signore, voi suoi fedeli,
gli dia gloria tutta la discendenza
di Giacobbe,
lo tema tutta la discendenza
d’Israele. (Sal 21)

Contemplare-agire  L’incontro
con l’infinito di Dio è impegno concreto nella quotidianità…
L’amore è un donare se stessi, e per
questo è la via della vita vera simboleggiata dalla Croce. […] Simbolicamente è
il cammino indicato dal profeta, il cammino da mare a mare, dal fiume sino ai
confini della terra. È il cammino di Colui che, nel segno della Croce, ci dona
la pace e ci fa diventare portatori della riconciliazione e della sua pace
(Dall’Omelia di Papa Benedetto XVI – Domenica delle Palme, 9 aprile 2006).

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