Lectio divina su Gv 8,1-11
Invocare
Vieni in nostro aiuto, Padre
misericordioso, perché possiamo vivere e agire sempre in quella carità, che
spinse il tuo Figlio a dare la vita per noi.
Egli è Dio e vive e regna con te nell’unità
dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Leggere
1 Gesù si avviò verso il monte degli
Ulivi. 2Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da
lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. 3 Allora gli scribi e i
farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e 4 gli
dissero: «Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. 5 Ora
Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne
dici?». 6 Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di
accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. 7 Tuttavia,
poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi di voi è senza
peccato, getti per primo la pietra contro di lei». 8 E, chinatosi di nuovo,
scriveva per terra. 9 Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno,
cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. 10
Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?».
11 Ed ella rispose: «Nessuno, Signore». E Gesù disse: «Neanch’io ti condanno;
va’ e d’ora in poi non peccare più».
Silenzio meditativo: Grandi cose ha fatto il Signore
per noi.
Capire
Il brano del vangelo è la proclamazione
della misericordia di Dio, che è capace di aprire una strada in mezzo al
peccato. La misericordia di Dio è la capacità che Dio ha di creare amore dal
peccato e dall’egoismo. Il vangelo di oggi pone l’accento su un aspetto
decisivo della realtà della chiesa e della nostra vita: Gesù sceglie, per
rivelare la misericordia del Padre, una donna adultera.
L’infedeltà e l’adulterio sono
tradizionalmente il peccato fondamentale dell’abbandono di Dio. Il rapporto tra
Dio e il suo popolo, è un rapporto di matrimonio, un rapporto di alleanza,
quindi di fedeltà; e rompere questo rapporto significa un peccato di adulterio.
Siamo a conclusione della quaresima e oggi si conclude il cammino che la parola
di Dio ha cercato di farci fare. Nella terza domenica di quaresima, il padrone
severo che vuole tagliare il fico è l’uomo: l’uomo vuole ‘tagliare’ i
peccatori. L’uomo vuole tagliare; Dio ha pazienza e vuole la vita dell’uomo.
Nella quarta domenica il personaggio chiave è il figlio maggiore; con quanta
delicatezza il Padre lo prega: questo tuo fratello!
Dio vuole la vita del peccatore; noi
‘tagliamo’. Nel testo odierno ci sono gli uomini che vogliono ‘tagliare’ la
peccatrice. La società deve essere pura e il male deve essere tagliato. S.
Paolo era fariseo, rispettava la legge, eppure era diventato violento e
omicida. Anche la religione può diventare fonte di violenza se si presume di
essere giusti. Bisogna recuperare il senso della nostra debolezza.
Messi di fronte a se stessi gli uomini
lasciano cadere le pietre e se ne vanno. Il fatto che Gesù ci inviti a
riflettere sul nostro peccato è importante. Lo spirito comunitario nasce quando
gettiamo giù le pietre e ci riconosciamo peccatori. Non possiamo vivere la
Pasqua se non ci rendiamo conto del bisogno che abbiamo della misericordia di
Dio.
Meditare
vv.
1-2: Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi.
Dopo la discussione, descritta in Gv
7,37-52, tutti tornano a casa (Gv 7,53). Gesù, però, non ha una casa a
Gerusalemme e si reca sul Monte degli Ulivi. Lì è solito trascorrere la notte
in preghiera (Gv 18,1). Ricordare questo luogo ci fa pensare che Gesù è al
termine del suo ministero e della sua vita.
Ma
al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui.
Il giorno dopo, prima che spunti il
sole, Gesù “si recò di nuovo nel tempio”. Le giornate per gli Ebrei iniziavano
presto; Gesù si reca prestissimo al tempio per insegnare (cfr. Lc 19,47-48). Il
Tempio era anche un luogo di ritrovo e di vita sociale, per alcuni il cuore
della comunità ebraica.
Il popolo sicuramente arriva prima
dell’aurora per poterlo ascoltare!
Ed
egli sedette e si mise a insegnare loro.
Gesù si siede lì e parla con la gente,
li ascolta, risponde alle loro domande, si relaziona con tutti. L’atto di stare
seduto indica, nel linguaggio rabbinico, l’autorità dell’insegnamento. La folla
si avvicina per poterlo ascoltare. Solitamente la gente si sedeva in circolo,
attorno a Gesù e lui insegnava.
vv.
3-4: Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in
adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: «Maestro, questa donna è stata
sorpresa in flagrante adulterio.
La scena in cui Gesù si trova ad essere
coinvolto è imbarazzante. Gli scribi e i farisei nel loro cuore hanno già
condannato la povera donna colta in fallo. La conducono da Gesù solo per
tendergli un tranello. Quante volte anche noi ci ritroviamo al posto degli
scribi e dei farisei tendendo tranelli? La legge giudaica è molto esplicita su
questa materia: l’adultera deve morire.
È da notare che solo lei viene condotta
in giudizio mentre la Legge prevede che sia l’adultera che l’uomo che pecca con
lei devono essere lapidati. Solo la donna, dunque, viene posta nel mezzo per
essere studiata e scrutata, quasi fosse una cavia e tale deve essere, visto che
il suo peccato è solo un pretesto per porre in fallo Gesù. Nessun rispetto per
lei, per la sua dignità, per la sua storia personale, come non ve ne era nella
Legge che prevedeva la condanna a morte solo per la donna che tradiva e non per
l’uomo infedele.
C’è una storia e una dignità da vivere
e rispettare. Gesù che poco prima era stato considerato un bestemmiatore
meritevole di essere arrestato ora è riconosciuto come “maestro” dalla stessa
ipocrisia di scribi e farisei, che gli sono ostili e attendono solo che Egli
faccia un passo falso, che dica una parola di troppo, per poterlo colpire.
v.
5: Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che
ne dici?».
Rifugiarsi nella Legge presentando la
donna adultera è solo un pretesto; quello che interessa è mettere alla prova
Gesù, avere dei motivi per accusare Gesù. E questo fa impressione, perché
scribi e farisei sono i custodi della legge, dovrebbero amare la legge, e
dovrebbero cercare la legge. In realtà, in questo caso, si servono della legge
per condannare e accusare Gesù; e si servono della donna, la donna è diventata
ormai uno strumento nelle loro mani, così come la legge.
Il cristiano invece è colui che scava
per trovare cuore della Legge, ma non per condannare ma per amare.
v.
6: Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma
Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra.
C’è una tradizione antica che suppone
che Gesù abbia scritto sulla polvere i peccati di quegli uomini che stavano
accanto, o se volete addirittura i peccati di tutti gli uomini.
Qui possiamo leggere anche un segno
simbolico, profetico. Nel libro di Geremia c’è un versetto che dice: «quanti si
allontanano da te saranno scritti nella polvere, perché hanno abbandonato la
fonte di acqua viva, il Signore» (Ger 17,13).
Gesù che si mette a scrivere nella
polvere per terra, compie un gesto che è un invito a riconoscersi peccatori,
perché il peccato è la condizione non semplicemente della donna che è stata
buttata là in mezzo, ma è la condizione di tutto Israele, di tutto il popolo: è
la nostra condizione. Basterebbe andare a riprendere i profeti: Israele è
presentato in Os 2 come una sposa adultera. In Ez 16 riprende questo tema con
una durezza incredibile. Quello è Israele; ma quello siamo noi, il popolo del
Signore. Quelle persone, dunque, non sono innocenti di fronte a una persona
colpevole, ma sono partecipi della medesima colpa, del peccato e della
lontananza da Dio.
Il versetto contiene un insegnamento
importante: ci fa riflettere sulle motivazioni dei nostri comportamenti. Può
infatti accadere che noi usiamo realtà grandi come la giustizia o la
solidarietà o la verità, non per il gusto della giustizia, della verità o della
solidarietà, ma semplicemente come strumenti nella lotta contro quelli che
stanno dall’altra parte, contro i nostri avversari.
La misericordia di Dio dà fastidio e di
conseguenza si fa fatica a praticarla.
v.
7: Tuttavia, poiché insistevano nell’interrogarlo, si alzò e disse loro: «Chi
di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei».
Lui solo era quello che poteva
scagliare la pietra perché possedeva quel requisito enunciato; ma non lo fa,
anzi Lui, il solo innocente, riesce a disarmare le mani degli accusatori.
Davanti all’insistenza degli
accusatori, Gesù li pone di fronte alla loro coscienza, li invita a
scandagliarla perché si rendano conto Chi è il solo giudice del cuore
dell’uomo. Li invita a guardare se stessi, ma a guardarsi di fronte a Dio. Se
sono veri cercatori di Dio, non possono non ammettere di aver peccato e quindi
di aver tradito anch’essi.
Adulterare la Legge è farla apparire
con un’essenza diversa da quella dell’amore. “Il primo e il più importante dei
comandamenti è amerai il Signore Dio tuo […] e il prossimo tuo come te stesso”
(cfr. Mt 22,36-39). E viene fuori una affermazione fondamentale per la
Scrittura e per il Nuovo Testamento; l’affermazione della colpevolezza di tutti
gli uomini davanti a Dio (cfr. Rm 3, 9), che vuole dire: davanti agli altri
possiamo anche sentirci innocenti – questi scribi e farisei possono sentirsi
innocenti; loro, di fronte ad una donna adultera, non hanno commesso nessun
adulterio; ma se invece di guardare la donna si collocano davanti a Dio, si
renderanno conto che anche loro sono in fondo in una condizione simile.
vv.
8-9: E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra.
È un continuare a saggiare i nostri
cuori, a scrutarli fino in fondo. Nel libro del profeta Isaia troviamo scritto:
Come mai è divenuta una prostituta la
città fedele?
(Is 1,21). Non era stato tradito anche il Signore e aveva
mostrato attraverso la vita e gli oracoli dei profeti il suo cuore di marito
tradito ma disposto a perdonare la sposa infedele?
Adulterio vuol dire “andare da un
altro”; che sia un idolo o il nostro io, quando poniamo al centro della nostra
vita un altro che non sia Dio commettiamo tutti un adulterio verso di Lui.
Gesù continua a scrivere per terra. Se
il suolo su cui scrive è fatto di terra, sabbia o polvere, e se Gesù, come
pensavano i Padri della Chiesa, stava scrivendo i loro peccati, un po’ di vento
avrà cancellato quello scritto, proprio come Dio cancella le nostre colpe dalla
sua memoria.
Quelli,
udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo
lasciarono solo, e la donna era là in mezzo.
Ci sono solo due posti: Gesù è il
giudice e l’adultera è l’imputata; ma Gesù è la misericordia, e l’adultera è la
misera, la persona bisognosa di misericordia. Il mondo è così: non c’è posto
per l’accusatore del fratello; c’è solo posto per chi è misero e ha bisogno di
un giudizio di misericordia; quel giudizio di misericordia che Gesù è venuto a
portare. C’è un gesto di perdono di Dio per tutti gli uomini: lasciatevi
perdonare!
La nostra collocazione vera non è
quella dell’accusatore, non possiamo accusare nessuno, perché siamo nella
posizione di quella donna peccatrice, adultera, e quindi bisognosa solo di
riconciliazione e di perdono. Chi era peccatore è costretto ad andarsene, è
rimasta sola quella donna bisognosa di misericordia. Purtroppo il processo per
Gesù non finirà qui; anche questo episodio attirerà su di lui odio e inimicizia
dei suoi avversari. Liberando quella donna dalla condanna in realtà Gesù la
rivolge su di Sé: Egli è Colui che ha preso su di Sé le nostre colpe. Il
pericolo è scongiurato. Gesù e la donna restano soli; i curiosi, i maligni, i
violenti si sono allontanati.
vv.
10-11: Allora Gesù si alzò e le disse: «Donna, dove sono? Nessuno ti ha
condannata?». Ed ella rispose: «Nessuno, Signore».
Gesù era chino a terra, probabilmente
come lo era lei, gettata per terra e umiliata. Ora si “rialza” e questo verbo
evoca il suo rialzarsi dal sepolcro nel giorno della sua Risurrezione.
La donna lo chiama “Kyrios”, Signore, e
in quanto Signore vittorioso sul peccato e sulla morte a ragione le può dare il
perdono e restituirla alla vita, libera da quanti attentavano ad essa. Unica è
l’esperienza di questa donna che si è sentita guardata dall’Amore, da un amore
puro, fedele, di totale dedizione, che non ha mai tradito, che non tradirà mai
perché è l’amore di Dio.
Ma c’è un ammonimento che Gesù le fa:
“non peccare più”. Il peccato vuole dire: fare soffrire l’uomo, umiliare e
schiacciare le persone, cancellare la rivelazione di Dio in mezzo al mondo. Non
si può diminuire la gravità del peccato. Ma proprio lì appare la forza
dell’amore di Dio e del perdono che Cristo è venuto a portare. Dio è
infinitamente più grande del nostro peccato ed esso viene ingoiato dal suo
immenso amore. Ma all’uomo resta pur sempre la libertà di allontanarsi da Lui.
È questa la lotta che abbiamo intrapreso all’inizio di questa Quaresima:
“scegli dunque il bene e la vita” (cfr. Dt 30,19).
E
Gesù disse: «Neanch’io ti condanno;
È un vero atto di perdono, è un gesto
di misericordia di Gesù nei confronti di questa donna. Però fa riflettere,
perché chi è in grado di perdonare se non colui che è stato offeso; solo chi ha
ricevuto l’offesa è in grado effettivamente di perdonare; non posso perdonare
il male che tu hai fatto a qualcun altro, questo è comodo, è facile, non
inquieta nessuno. Il perdono vero è il male che tu hai fatto a me, che io ho
pagato, che ho sofferto; questo può diventare perdono autentico. Appunto, Gesù
perdona proprio per questo, perché è venuto a prendere sopra di sé il peccato
degli uomini; perché questo peccato lo ha portato nella paura, nell’angoscia e
nella sofferenza, e lo porterà fino nella morte È scritto: “Ha portato i nostri
peccati nel suo corpo sul legno della croce” (1Pt 2,20). Solo per questo Gesù è
in grado di perdonare e può esprimere l’amore di Dio che vince sul peccato
dell’uomo. Non è il Dio indifferente, ma è il Dio che ha sperimentato e preso
sopra di sé la miseria umana.
va’
e d’ora in poi non peccare più».
Questa espressione imperativa va intesa
come un comando, ma prima di tutto come un dono di una guarigione interiore.
Infatti, con il per-dono Gesù dà la forza di ricominciare una vita nuova, un
cammino nuovo: non ci sei più dentro nella realtà del peccato, sei fuori; e non
per una tua capacità, non per una tua buona volontà, ma per grazia.
Questa espressione la ritroviamo quando
Gesù vede quel paralitico ammalato da 38 anni e gli dice: “alzati, prendi il
tuo letto e va’ a casa tua” (Mt 9,6); gli dà un comando, ma gli fa anche il
dono della guarigione, perché possa alzarsi e cominciare a rivivere come sano;
nel momento in cui gli comanda qualche cosa gli dona la forza di vivere. Sono
parole che vogliono liberare, creare un cuore nuovo, uno spirito e una libertà
nuova.
Questa donna è andata vicino alla
lapidazione, è arrivata fin sull’orlo della condanna a morte e all’ultimo
istante è stata graziata. Finché si ricorderà di essere una graziata,
quell’amore le darà la forza di amare e la forza della fedeltà, perché è una
graziata, perché quella vita le è stata data liberamente e gratuitamente. E
così: “va’ e d’ora in poi non peccare più”, è un comando ma anche il dono di
una guarigione. La grazia di Dio ha fatto di te «una creatura nuova; le cose
vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove» (2Cor 5,17).
La Parola illumina la vita
Quale ostilità ho nel cuore ogni volta che
penso di radunarmi attorno a Gesù Maestro e che in realtà sono radunato attorno
ai miei interessi?
Quante volte “cambio faccia” ma solo per
un mio tornaconto?
Quando vivo il perdono sono ancora
ripiegato su me stesso o mi lascio aprire dal dono di Dio e riprendo a godere
della sua presenza di salvezza?
Imito lo stile di Dio usando
misericordia verso gli altri per rendere vere le parole del Padre nostro:
“come noi li rimettiamo ai nostri debitori”? So gioire per il
perdono, anche degli altri?
Riesco a donare perdono gratuitamente,
ovvero anche quando lo giudico non pienamente meritato?  
Pregare
Quando il Signore ristabilì la sorte di
Sion,
ci sembrava di sognare.
Allora la nostra bocca si riempì di
sorriso,
la nostra lingua di gioia.
Allora si diceva tra le genti:
«Il Signore ha fatto grandi cose per
loro».
Grandi cose ha fatto il Signore per
noi:
eravamo pieni di gioia.
Ristabilisci, Signore, la nostra sorte,
come i torrenti del Negheb.
Chi semina nelle lacrime
mieterà nella gioia.
Nell’andare, se ne va piangendo,
portando la semente da gettare,
ma nel tornare, viene con gioia,
portando i suoi covoni. (Sal 125).
Contemplare-agire
“Va’, muoviti da qui, vai verso il
nuovo, e porta lo stesso amore, lo stesso per­dono, a chiunque incontri” (Ermes
Ronchi).

Write a Reply or Comment

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.